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Un
decimale in più Non possiamo dirci ottimisti E’
molto difficile potersi dire ottimisti, anche con debita cautela, dopo la
correzione all’in sù di un decimale Istat sulla la
rilevazione del Pil del secondo trimestre 2015. Questo + 0,3 da +0,2 che era,
ha suscitato grande clamore e commozione. Dispiace non riuscire a
condividerli. Sono molto più interessanti i numeri sulla disoccupazione,
ma visto che le cifre proprio a riguardo già sono ballate come degli
ubriachi in questa stessa settimana, aspettiamo conferme. Rivelazioni
positive accolte con entusiasmo, nel giro di poche settimane venivano confutate da cifre opposte. Per cui, fateci un
piacere: prima di parlare di ripresa, mordetevi la lingua. E se non avete
rispetto per la nostra cautela rispettate almeno la logica. Fino alla settimana scorsa, davanti alla caduta della borsa
cinese, si gridava prossima la fine del capitalismo. Quando il decimale in
questione, è del tutto insignificante, soprattutto se si considera un intero
decennio in cui il paese ha perso punti percentuali di produttività. Che poi nel
governo qualcuno frema dalla voglia di stappare bottiglie di champagne, è
quasi inevitabile. In questo caso frugate bene fra i dati forniti. Il tasso
di disoccupazione tra i 25 e i 34 anni di età è in controtendenza essendo
cresciuto di un punto rispetto al 2014. E’ una fascia cruciale per chi è
introdotto nel mondo del lavoro, per cui non c’è
niente da festeggiare, anche perché è chiaro che comunque la disoccupazione
cala solo al nord, aumentando il divario con il mezzogiorno. Sul mezzogiorno
il luglio scorso abbiamo sentito meravigliosi propositi, se non fosse che purtroppo siamo avvezzi a sproloqui che in
genere dimostrano solo l’incompetenza di coloro prossimi a partire per le
ferie. Una volta tornati, si occupano di altro. C’è
persino chi esulta perché l’Ilva ha mantenuto la continuità produttiva! Ci
sarebbe da chiedersi per quanto ancora potrà
resistere nelle condizioni che conosciamo? Se avesse
ragione Dario di Vico, quando scrive sul “Corriere della sera” del 2
settembre, di accelerare nella riorganizzazione dell’offerta e che un tale
processo non può essere gestito per decreto, c’è poco di che essere
confortati. Anche perché ci si sta accorgendo di un altro problema.
Nonostante i tanti sforzi compiuti per stabilizzare il sistema politico,
perché non gravasse sui processi economici del paese in modo negativo,
resiste un timore caratteristico della vita italiana per decenni, quello
relativo alla continuità del governo. Mai davvero tutte le cose andassero nel verso giusto, le riforme allo studio fossero
perfette, chi ci assicura che il governo non imploda causa i malesseri
interni alla maggioranza? Ecco che proprio quando siamo giunti ad un passo
della ripresa, saremmo costretti a dibatterci nell’ennesima crisi della
legislatura. Roma, 2 settembre 2015 |
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